O forse sarebbe meglio dire: sport a colazione, pranzo e cena. A volte anche come spuntino. Eh sì, la vita da ritiro è questa qui: tre/quattro allenamenti e il resto della giornata dedicata al nutrirsi e al riposarsi. Bisogni primari, dopotutto gli atleti sono esseri semplici (soprattutto se sono uomini).
In un’organizzazione così, a cui la tua giornata deve di conseguenza adeguarsi, che puoi fare tu, maestra in vacanza che condivide le settimane estive con il suo fidanzato atleta?
Certo, ti riposi; d’altronde, se lui la mattina alle sette si alza e inizia a correre, tu puoi anche rimanere a letto, mica devi alzarti per forza, sei in vacanza!
Leggi, ovvio. Ho dovuto fare una rigida selezione dei libri da portarmi qui, per non avere troppo peso in valigia (sennò son parole), spaziando tra romanzi e guide didattiche, visto che nel frattempo si può approfittarne per leggere quello che durante l’anno vorresti ma non riesci, e magari ci scappa anche la progettazione di qualche percorso per
l’anno successivo… Il problema è solo che dopo due settimane (di sei) ne hai già letti la metà di questi libri (e sì, temo dovrò cedere anch’io alla fine a sto Kindle).
E allora non ti resta che quello, esatto. Allenarti anche tu.
Il clima del gruppo ti incita a farlo, praticamente vedi tutto il giorno gente che si allena.
La concorrenza non è male: tu che ancora alterni corsa e camminata perché non hai fiato, e che ti fermi a nuoto ogni 50 metri, sei circondata dai migliori triatleti del mondo, uomini e donne, che mentre tu fai mille metri in acqua ne fanno una cosa come 5000, e corrono in media alla velocità che tu di solito raggiungi solo per fare gli scatti di 30 secondi al massimo delle tue possibilità (e solo nelle giornate in cui sei davvero in forma!).
Però vabbè, questi sono tutti “Road to Tokyo”, io al massimo ci posso andare a fare il tifo, quindi va bene così!

Unico dettaglio, non privo di nota: siamo a Flagstaff, in Arizona, ad un’altitudine media di 2100 mt; i triatleti, qui, stanno ancora cercando di adattarsi tra jet lag (nella casa del fisioterapista è lui che dà l’ok per andare a letto: “No, non sono ancora le 9, alle 9 potete andare a dormire…”) e mancanza di ossigeno, che li vedi che tornano dalla bici sfatti, in calo di zuccheri tanto da mettersi a mangiare la prima roba che gli capita sotto tiro ancora con il caschetto in testa.
Se loro stanno facendo una fatica bestia ad adattarsi, io… che ancora passo dalle due alle tre ore per notte sveglia, che ho iniziato a correre da quattro mesi… che ho messo gli occhialini da nuoto per la prima volta in vita a gennaio… Come posso sentirmi??
Per fortuna Ale mi rassicura sempre: “Dicono che ci si adatti al jet lag un’ora al giorno, quindi hai nove ore di fuso da smaltire, ci metterai un po’… Però facendo attività ti adatti prima”.
E ancora: “Mi raccomando, non partire forte a correre: che se a casa in qualche modo poi riesci a riprendere fiato, a 2000 QUANDO TI IMPICCHI… RIMANI IMPICCATO”.
Sì, però non potevamo mica farlo ad Asiago sto ritiro, così CON ALE NON VALE…
Bello Valeria questo blog…. se hai finito di leggere i libri uno scrivilo tu ! 🙂
Ahahaha grazieeeee Elena!!! Godetevi anche voi gli USA! Un bacione a tutta la Family! ;P