C’eravamo quasi riusciti. Sì, stavamo per portare a termine un viaggio normale, come una qualunque coppia che parte insieme e torna insieme.

Ok, tralasciamo il fatto che prima c’era stato un mio volo in solitaria fino a Barcellona (tra l’altro con tipo 5/6 ore di ritardo, che ci ha fatti arrivare a Les Angles alle 3 di notte), ma comunque per andare in America siamo partiti insieme, dall’aeroporto di Barcellona.

Addirittura Ale, per starmi vicino nel lungo volo intercontinentale fino a Montreal, ha barattato un posto-finestrino con uno in centro aereo (ma non l’ho tartassato io con continui “Ma quindi non siamo neanche vicini?”, “Ma dai, una volta che viaggiamo insieme…”, “Ma quindi chiedi tu di cambiare posto?”… No, assolutamente). Alla fine eravamo vicini. Che bello, viaggiare con Ale.

Quando non dorme, si occupa della tua idratazione corporea: “Hai bevuto?”, “Bevi, quando passano con l’acqua, più volte!”, “Eh sì, in aereo ci si disidrata molto facilmente… Stai bevendo tu?”. SI’, Ale, STO BEVENDO! Solo che se continuo a bere devo alzarmi trenta volte per andare in bagno, e in mezzo ci sei tu che dormi; come la mettiamo? Che poi, già mi inquieta da morire la toilette dell’aereo, meno tiro lo sciacquone sentendo quel terribile rumore del risucchio, meglio sto.

Per il resto, ci siamo divertiti. Nel secondo volo, della durata di cinque ore (non me l’aveva detto che sarebbe durato così tanto, altrimenti mi sarei attivata con le opportune richieste), non ha chiesto a nessuno di cambiare posto: eravamo a tre file di distanza, probabilmente lui non vedeva l’ora di poter stare tra due emeriti sconosciuti, con la felpa a mo’ di copertina e il berretto col frontino sulla faccia, per dormire e non dover parlare con nessuno (erano le 6 del mattino… praticamente perenni, perché ci spostavamo e andavamo sempre più indietro con l’ora…). Io, nel frattempo, seduta tra altre due emerite sconosciute, ho continuato a seguire il suo consiglio e mi sono idratata bene: mi sono dovuta alzare varie volte, riuscendo perfino, in un paio di occasioni, a scavalcare la mia vicina senza svegliarla.

Finito il volo, il momento più bello è indubbiamente quello del controllo documenti; sia mai che si passi insieme dallo stesso sportello, come fanno tutte le coppie normali. No, una da una parte e uno dall’altra, “così facciamo prima”(cit.).

E cosa fai tu quando ti trovi davanti un poliziotto con una faccia così seria da far davvero paura? Ovvio, sorridi (nel cartone “Madagascar” ad un certo punto la giraffa Melman dice: “Non è un sorriso, è una colica…” Ecco, il mio era decisamente più un ghigno nervoso che un sorriso…). Così ci rimani di sasso quando questo tizio ti chiede, sempre serissimo: “How are you, today?”. Mmmmmm, ho capito bene? Mi sta davvero chiedendo come sto oggi?

Ci mettiamo a parlare, ovviamente mi chiede per quale motivo sono negli States, e raccontagli tu che tuo moroso fa l’atleta, che ha un ritiro con il suo team, che poi andremo in Canada per una gara. Quale sport? Triathlon. Fa una faccia perplessa. E sì che l’ho detto anche con la pronuncia giusta, all’americana, traiatlon. Azzardo un “Ye, swim, bike, run!”. E lui: “Ah! Ironman!”. Sono tentata di fargli una lezione sulla differenza, sulle distanze, sul fatto che l’Ironman sia prima di tutto un triathlon ma… sarebbe troppo per il mio inglese (nel frattempo Ale è stato mandato avanti dagli altri poliziotti, perché lì non ci si può aspettare fermi in un punto).

Quando lo raggiungo sopra le scale mobili mi fa: “Oh, sei riuscita a fare amicizia pure col tipo dei controlli? Sì effettivamente ho visto che aveva una faccia dura… infatti ho mandato te, una donna scioglie sempre il cuore…”. Io, ancora coi sudori freddi e il battito accelerato, mi sono diretta verso i vari negozi, cercando di ignorare il suo: “Ma ti ha anche fatto il timbro sul passaporto? Cavolo, a me no…”.

E poi ti chiedi perché desideravi così tanto viaggiare finalmente un po’ con lui… CON ALE NON VALE.

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