L’ultima volta era stata speciale. L’ultima volta era stata Rio 2016.

Erano passati due anni esatti dall’ultima gara internazionale che ho visto dal vivo. Diciamo che per la mia pancia è stato positivo avere un periodo senza essere sottoposta a quel tipo di crampi da nervoso misti ad adrenalina che mi prendono tutte le volte che lo vedo gareggiare. Però il cuore… Al cuore un po’ mancava. Stavolta è stato davvero emozionante. Era un vero e proprio “rientro alle gare”, per me, ma anche per Ale, dopo l’infortunio a Bermuda. A Montreal ha gareggiato il 26 agosto, il suo onomastico, sant’Alessandro. Il giorno dell’infortunio a Bermuda era il 28 aprile: santa Valeria (ma non voglio commenti a tal proposito, grazie!).
E poi per me era in assoluto la prima volta che gli stavo così vicino ad una World Triathlon Series: di solito lui si muove con la Nazionale, io se lo seguo sono in altri hotel con altre persone. Invece stavolta eravamo nella stessa camera, ci siamo svegliati e preparati insieme; anche quei piccoli passaggi, nella preparazione della gara, dell’attrezzatura, nel riscaldamento, che conosco sì, ma solo per le gare che fa in Italia, qui erano ancor più emozionanti, ancor più importanti.
In realtà sono ben consapevole che il mio compito in quei momenti essenzialmente è uno solo: so che non devo rompergli le balle. Il che equivale a stare zitta il più possibile, a non fare domande, a non arrabbiarmi se lui non mi ascolta, e soddisfare tutte le sue piccole richieste (lacci delle scarpe, noci e frutta secca, i vari “Puoi tornare in hotel a prendermi i pantaloni lunghi?” e “Vieni in piscina così mentre nuoto mi tieni la bici”, cose così…). Ma la cosa principale rimane, sempre, quella di non farlo innervosire. Il che è tutto dire, perché QUALSIASI cosa può innervosire un atleta prima di una gara, anche se su questo devo dire che Ale è bravetto, abbiamo amici age group molto più nervosi dei professionisti nel pre-race, perciò cerco di fare la brava anch’io (o forse perché so che io, al posto suo, gli abbaierei dietro isterica per il minimo sgarro, così, tanto per sfogare un po’ la tensione su di lui).
Comunque, il bello di Ale è che anche dopo tutti questi anni di carriera nel massimo circuito, è ancora capace di emozionarsi e di godersi il fatto di esserci. C’è stato il briefing, c’è stata la familiarizzazione in bici… Tutti momenti di avvicinamento alla gara che ti fanno alzare piano piano il livello di adrenalina e la voglia di entrare in campo. A vederlo che scalpitava, con una voglia matta di gareggiare, sembrava un Alessandro Fabian ventenne nelle sue prime WTS (ma questo probabilmente più per il fatto che si è tagliato la barba, e quindi sembra abbia dieci anni in meno!).
Quanto a me, per la prima volta sono riuscita ad aver mal di pancia anche durante una gara femminile. Apparte Rio, non ne avevo mai viste dal vivo, ma mentre Ale l’ha guardata in hotel, io volevo essere presente. Anche perché stavolta, oltre a tifare per l’Italia (e la nostra atleta Alice Betto), avevo pure altre nuove amiche del gruppo di allenamento di Ale a cui fare il tifo: solo che era un po’ complesso urlare cinque nomi di fila (“Go Katie, Jo, Alice, Tylor, Chelsea, dai dai dai!”), quando mi passavano davanti tutte nello stesso gruppo in bici! So che dal DAI DAI DAI capivano subito chi fosse a tifarle. Fatto sta che, appena finita e dopo averle salutate, non vedevo l’ora di arrivare in hotel, mangiare (erano le 4 del pomeriggio e io non mangiavo dal frappucino di Starbucks delle 10), cambiarmi e andare a correre. Me la sono proprio goduta quella corsa lungo il porto, al tramonto, col sole; è l’effetto dello sport.
Eh sì, il giorno della gara delle donne è stata proprio la giornata perfetta. La domenica, invece, appena uscita dall’ascensore mi sono trovata davanti il diluvio universale. Ok… Metti kway (fregato dalla valigia di Ale, quindi tre taglie più grande), cappellino col frontino, metti via gli occhiali da sole… E avventurati sotto quella pioggia. Con un caldo devastante però fuori, quindi ancora peggio! Pioggia e caldo, tremendo. Ma non importa.
La gara di Ale è andata bene, ho urlato, ho tifato, lui e il resto del gruppo, Mario e la sua rimonta, e quando ci passi tanto tempo insieme, a questi grandi atleti, impari a voler bene a tutti, anche se in quel momento sono “avversari”.
È bello perché quando seguo Ale in gara mi rendo conto di quanto sia speciale e grande quello che fa, di quanta sia la fatica, la passione che ci mette… E non vedo l’ora di arrivare in hotel per abbracciarlo, coccolarlo, per digli quanto sia grande il mio amore per lui…

“Vale, mi laveresti il body che mi serve settimana prossima?”
“Ah, se ti va, già che ci sei, anche la roba da corsa… è tutta dentro il sacchetto, perché era bagnata…”.
E così passi dall’avere i più grandi slanci amorosi al recuperare vestiti di dubbie profumazioni dalle sue sacche sportive… CON ALE NON VALE.