L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile, ignaro del fatto che questa Natura è in realtà il Dio che lui sta venerando. Hubert Reeves

Io e Ale ci becchiamo spesso (che novità) su questo argomento: io difendo la mia fede in Dio, lui rivendica il ruolo fondamentale della Natura nelle nostre vite. Dopo quasi sei anni insieme, nessuno ha fatto cambiare idea all’altro, come è giusto che sia, ma entrambi abbiamo compreso maggiormente la posizione contrapposta, rispettandola e condividendola per alcuni aspetti. In realtà, di fatto c’è poco di contrapposto: entrambi stiamo dicendo la stessa cosa, entrambi viviamo e sentiamo qualcosa, solo con sfaccettature e modalità diverse.

La “FAMILY” in gita al Grand Canyon.

Davanti al Grand Canyon, però, tutte le differenze si annullano. Tutti sono d’accordo. Qualcosa esiste. Qualcosa di grande, di immenso, che è in grado di creare una simile Bellezza. In quel momento ognuno sente ciò che vuole: chi la forza della Natura, chi la mano creatrice di Dio, e chissà cos’altro. Non mi interessa convincere Ale di ciò in cui credo io: penso tutto dipenda da che esperienze fai da ragazzino. Io ho avuto la fortuna di crescere in una comunità attiva, con tantissime attività, che mi ha spinto a crescere nella fede, e a impegnarmi nel comunicarla agli altri, ai ragazzi che ho accompagnato per anni come educatrice, e tutto questo ha fatto di me la persona che sono ora. Per Ale è stato diverso, lui era uno di quelli che bruciava Messa per trovarsi di nascosto con gli amici. Piccolo teppista. Però un po’ lo tormento, questo sì: quando lui mi fa vedere “l’immensità della Natura” io lo punzecchio: “Ah sì, e non può essere stato Dio invece a creare tutto questo?”.

Quel giorno in Arizona penso lo porterò nel cuore a vita: camminavamo, tutti e quattro (la Family) lungo un vialetto circondato da alberi, tanto che mi ero chiesta come mai tutta questa vegetazione, dalle foto che avevo visto io avrebbe dovuto essere tutta roccia… Poco a poco si apre davanti a noi la visuale, del cielo, e di una ringhiera. Arrivati alla ringhiera, se ci avessero fotografati, saremmo stati come quei personaggi dei cartoni animati che stanno con la bocca spalancata e a cui qualcuno la deve richiudere. Sbalorditi. Esterefatti. Ammutoliti. Emozionati. Stupiti. Affascinati. Non riuscivamo a dire altro che WOOOW. Ale rideva perché più volte gli sono saltellata intorno tutta felice, felice di essere lì, e soprattutto di esserci con lui, di condividere finalmente un’esperienza di questo tipo. Un’emozione simile l’avevo provata anche in Brasile, alle cascate di Iguazu (vedi il racconto in http://conalenonvale.com/una-maestra-a-rio/ ); ricordo che ero dispiaciuta di non poter condividere con lui quello spettacolo. Ma ora eravamo insieme.

Fabian è il puntino grigio in fondo, sul punto più lontano possibile.

Certo, ad esserci andata da sola mi sarei risparmiata un sacco di ansia e preoccupazioni. Ale è la tipica “cavaretta” (capretta), come chiama mio papà i ragazzi che durante le escursioni ai campiscuola hanno il passo veloce e procedono su per i monti senza aspettare il gruppo (nel suo caso, penso lo definirebbe più un “cavaròn”). Praticamente sgambettava da una parte all’altra, su questi massi enormi di roccia, senza protezione; della serie: trova un punto pericoloso, e stai certo che lui, un attimo dopo, sarà esattamente lì. Ad un certo punto è sceso per un sentiero ripido, tra i rami: c’era un tipo spagnolo, che l’ha guardato, e ha detto al suo amico: “No, credo sia più sicuro proseguire per di qua”. Poco dopo noi tre, da sopra, l’abbiamo visto nel punto più distante possibile. Praticamente sullo strapiombo. Al che anche Jo ha deciso di raggiungerlo; io e Jake, più prudenti, abbiamo trovato un’altra via. Fatto sta che, nel momento in cui li ho raggiunti, mi è mancato il respiro davanti alla loro vista: Ale accucciato su una roccia, che fotografava Jo di spalle, seduta sul bordo, con le gambe penzoloni, nel vuoto. Bene. Auguri! In realtà poi, in quel punto, ci siamo fatti un sacco di foto, ed è stato davvero bellissimo. Bastava muoversi con cautela. Cosa non propria di Ale, ovviamente, che saltellava tranquillo sempre più in basso, incurante della mai ansia crescente. E pace… è andato tutto bene. Ringraziando DIO. Non la Natura, in questo caso…

Ah, abbiamo anche provato a fare una foto romantica con tanto di bacio. E niente, ogni volta che ci proviamo mi fa ridere, perciò il risultato finale non è propriamente fotogenico. Ormai sono rassegnata, CON ALE NON VALE, neanche per avere una foto decente.

Foto poco romantica, in cui io mi metto a ridere e sembra che stiamo cadendo…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *