La frase che ho sentito più spesso da maggio 2017, quando qualcuno mi chiedeva come andasse la convivenza e la mia risposta suonava sempre più o meno “Eh, abbiamo ancora tanto casino, scatoloni, mancano un po’ di cose…” è stata: “Ma sì, dai, con calma, ci vuole sempre un po’ di tempo per fare una casa”. Ok. Ci sta. Tutti fanno di solito il grosso, e poi pian piano si aggiustano i dettagli (lampadari, quadri, tappeti). Ma io non sto parlando di dettagli; quelli, anzi, sono stati i primi che sono andati a posto a casa nostra: i quadri? Attaccati subito. Le mie amate candele profumate? Distribuite in giro per la casa praticamente dopo neanche una settimana. No, io sto parlando di cose come il divano, la libreria, l’attacapanni, che ci hanno messo dai 4 ai 6 mesi per arrivare, e io non credo che tutti quelli che mi dicevano “Ma sì, con calma”, avessero mai provato cosa significhi aspettare un divano una cosa come QUATTRO MESI! 

Io sistemavo, lui usciva ad allenarsi anche 5 ore in bici…

No, questo capita solo quando vai a vivere con Fabian, e dopo neanche un mese, con due gare e un mezzo IronMan in mezzo, lui parte per un ritiro di tre mesi esatti. Non hai fatto in tempo a comprare cose banali come divano e libreria, appunto, ma lui ci tiene ad esserci, a sceglierle anche lui, ed è bello, è giusto… Ma questo significa aspettare. Passare l’estate usando il tavolo della cucina per mangiare, scrivere, leggere, guardare film, il tutto rigorosamente spostando da una parte all’altra, a seconda dell’esigenza, piatti, computer, libri, bicchieri… Quando ti lamenti con lui, confidandogli che ormai lo sogni anche di notte un divano, e dentro di te mediti di chiedere in prestito ai tuoi quello della taverna, lui minimizza, che tanto: “…vabbè, vivi lo stesso senza divano sì!”, e lui nel frattempo in casa non ci sta. Ma le cose più belle capitano quando torna e, finalmente, arriva il momento tanto atteso. E lui, rimanda un giorno, rimanda due giorni, e al terzo ti fa: “Sai cosa stavo pensando? Che potresti andare tu a prenderlo il divano, tanto abbiamo già deciso…”. Tu che fai, lo ammazzi al pensiero che avrebbe potuto dirtelo mesi e mesi prima? No, tu prendi e porti a casa. Prendi la macchina e corri a comprare il divano. E nell’enfasi per la conquista finalmente raggiunta, corri e ti dimentichi che in quel punto in tangenziale c’è l’autovelox, e ti becchi pure la multa! Ma hai il tuo divano.

Del colore che vuoi tu, perché all’epoca, mesi prima, in una delle prime discussioni sui colori dell’arredamento di casa, non vedendo nessuna possibilità di accordo, lui ha proposto: “Allora, facciamo che tu decidi il colore del divano e io quello della libreria”, e tu gli hai dato l’ok, perché tanto un uomo non si ricorderà mai che gli hai promesso una cosa del genere, soprattutto lui, che non si ricorda mai niente, figuriamoci questo, dopo più di tre mesi. E niente, invece questo se lo ricorda! Al momento di scegliere la libreria, porca miseria se lo ricorda! E te lo tira fuori in fase di discussione sul colore, quasi con le lacrime agli occhi davanti alla fermezza del tuo volere assolutamente una libreria bianca: “Ma non avevamo detto che la libreria toccava a me?”. La mia risposta: “Cavolo, non credevo che te ne saresti ricordato…”.

E quindi ho ceduto. Ha scelto lui. Una libreria fatta di svariate mensole e scaffali, la più complicata di tutta l’Ikea. Ci sono voluti tre giorni di misurazioni sulla parete prima di procedere al montaggio, nove buchi di trapano, mio cognato che mi ha accompagnata a prenderla, perché poi ovviamente Ale è ripartito per altre due settimane e, soprattutto, non una, non due, ma ben tre visite all’Ikea, che, si sa, non è che siano proprio delle passeggiate. Comunque ok, la prima volta ti fai un’idea, valuti, guardi un po’; la seconda scegli, decidi, fai il disegno, il progetto, ti fai scaricare la lista degli scaffali ma ti dicono che in negozio non ci sono dei pezzi, che arriveranno la settimana successiva (in cui Ale era in Giappone, ergo, intervento di mio cognato). Poco male, abbiamo già tutto, progetto e lista. E invece no, perché alle 20.50, con gli altoparlanti che invitano i gentili clienti ad avvicinarsi alle casse, Fabian si rende conto che quel pezzo di carta con lo schema e i vari pezzi segnati non ce l’ha più in mano, non l’ha mai dato a te, si guarda in giro perso, con l’espressione negli occhi del “Dove cavolo posso averlo lasciato?”, e alle 20.55 vi trovate ad essere i “gentili clienti” che ripercorrono, di corsa e al contrario, tutta l’Ikea alla ricerca di quel foglio, probabilmente appoggiato sopra ad uno dei tavoli o delle scrivanie che avevamo guardato. Sarebbe stato troppo bello ritrovarlo. Col fiatone, gli occhi tristi, nelle orecchie la frase “Sono le 21, il negozio è chiuso”, ci siamo dovuti anche far riaprire il nastro dal vigilante, scusandoci per il ritardo e rassegnandoci per un ennesimo giro a vuoto. 

Mia nipote Vittoria, quel giorno: “Sia, adesso però metti a posto la casa per la prossima volta che veniamo a trovarti…”

Davanti al gelato di consolazione che ci siamo dovuti prendere con urgenza, il suo folle ed estremo tentativo di salvare la situazione: “Comunque hai visto che alla fine abbiamo trovato una libreria che piace ad entrambi?” “No, Ale, la libreria l’hai scelta tu, te l’ho concessa perché io avevo già deciso il colore del divano”. “Ma non è vero, che piace anche a te! É di legno, ma hai visto che ha i montanti bianchi come volevi tu? Non puoi dire che non ho tenuto conto anche dei tuoi desideri, Amore”. 

Dopo tutto sto casino, dopo i mesi vissuti con gli scatoloni in salotto e il disordine che regnava sovrano, mi ero ripromessa che sarebbe passato taaaanto tempo prima del prossimo trasloco. Non ce l’avrei fatta a sopravvivere. Credo che casa nostra sia stata una casa normale forse per 8-9 mesi. CON ALE NON VALE, perché ora sono di nuovo sommersa dagli scatoloni, regna il disordine, e lui “dirige i lavori” da lontano, dicendomi anche: “Si vede che sei stressata…”. 

Oltretutto, questa agognata libreria la lasciamo qui…

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