Ok, prometto che non lo faccio più. Che quando ci troveremo ad avere una discussione al telefono dopo le nove di sera, non farò più di tutto per portarla avanti ad oltranza, fino al chiarimento. Chiarimento che, detto per inciso, significa arrivare al punto in cui lui mi dà ragione… o almeno mi chiede scusa (…mi pare ovvio, che la colpa sia sua).
Purtroppo a me non piace andare a letto con le discussioni in sospeso, con il magone, non ci dormo e la mattina dopo sono più incazzata di prima. Ale no: Ale, come la maggior parte degli uomini, propone sempre di “dormirci su”, e la mattina dopo arriva immancabilmente il suo “Buongiorno Amore!” con, a turno, cuoricino rosso, sole splendente, faccetta col bacino, come se nulla fosse successo. E la prima risposta che, immancabilmente, viene a te è solo: “Buongiorno un c…”, dopo che tu con lui ci hai discusso animatamente (nei tuoi pensieri s’intende) per tutta la notte. Quindi io voglio, e PRETENDO, chiarire. E non sono la sola a pensarla così: al di là di tutto il genere femminile che potrebbe riconoscersi nel rivendicare il sacrosanto diritto di litigare “quando e fino a quando dico io”, c’è anche lui: Papa Francesco. E papa Francesco è un maschio. Che molto saggiamente dice agli innamorati: “Litigate quanto volete, se volano i piatti pazienza. Ma mai finire la giornata senza fare la pace”.
Fabian questo ancora non l’ha ben chiaro, allora in quei momenti glielo ricordo io: “Guarda che anche il papa dice che dobbiamo chiarire…!” E io lo vedo, Fabian, dall’altra parte dello schermo, con gli occhi rossi e lucidi, la palpebra che cala… Che ripete di continuo, sperando prima o poi che le sue parole vengano accolte: “Non ho voglia di discuterne adesso, sono stanco”, “Possiamo parlarne domani?”. Il meglio quando mi rifila un secco: “Buonanotte” e segue il silenzio, perché io non rispondo; sia mai che gli serva su un piatto d’argento la possibilità di mettermi giù il telefono, togliendomi quindi ogni occasione per arrivare a rivendicare la mia ragione.
Che poi, molto spesso noi siamo stati sballati con i fusi orari, con differenze di una o due ore. Ma anche quando da me è più tardi che da lui, è sempre lui quello che vuole andare a letto per primo, quello più stanco, quello che vuole chiudere la discussione per poter dormire. A rigor di logica, se da te sono le 11 e da me è già mezzanotte, direi che dovrei essere io quella più stanca che desidera di più andare a letto; non sono mai riuscita a capacitarmi del contrario.
Mi è bastata la prima settimana qui per darmi una risposta e cambiare idea. Anzi… i primi tre giorni. La prima sera a letto verso le 11; la seconda 10.30. Alla terza giornata di allenamenti, appena rientrata in camera dopo la cena, il tempo di lavarsi i denti, poi mi sono trascinata sul letto e non mi ha più mosso nessuno. Erano le 21.30. Anche dopo l’assestamento, nella seconda settimana, non è che sia cambiata molto la trafila: una sera Ale se ne esce con: “Io stasera avrei voglia di guardare un film”. La mattina dopo: “Amore, ma alla fine ieri sera dopo quanto mi sono addormentata io?” “Praticamente subito. E russavi pure!” Beh, ma quello era solo perchè avevo un sacco di raffreddore.
CON ALE NON VALE, perchè alla terza settimana ancora non è cambiato nulla: in questo momento io sto scrivendo al computer e lui mi spalma la crema doposole sulle gambe. Non avrei forze sufficienti per fare entrambe le cose. E di sicuro, la prossima volta che proverò ad appigliarmi al “Anche papa Francesco dice…”, mi ricorderà queste serate.