Ad un certo punto della mia vita, ho iniziato a frequentare assiduamente gli aeroporti. No, non ho intenzione di parlare di negozi e di tutto quello che si può comprare nelle infinite ore di attesa; ma così, ho iniziato a guardarmi intorno e ad osservare le donne che viaggiano. Tra tutte, mi colpiscono quelle che più che in un aeroporto sembrano nella tipica passeggiata del sabato in centro: stivaletti, cappotto, camicia… Alcune sono anche molto semplici, con jeans e scarpe da ginnastica; solo che sono strafighe lo stesso. Sembrano leggere, e comode.

Io, per viaggiare comoda, le ho provate tutte: i leggins, per esempio, per stare tante ore sedute in aereo sono perfetti. Solo che poi sono passata ai jeans, 1.perché è comodo avere delle tasche dove mettere carta d’identità, cellulare, etc, e 2.perché i jeans pesano di più, quindi è meglio averli addosso che non nel bagaglio a mano, così guadagni qualche etto. 

Il bagaglio a mano, appunto. Il mio non assomiglia mai a quello delle suddette signore e signorine che sembrano così “leggere”: apparte che è sempre strapieno, che più che rettangolare assume una forma quasi tonda, ma poi c’è sempre il giubbetto incastrato in qualche modo sul manico, e di solito anche la sciarpa… Tralasciamo le volte in cui, presa dalla disperazione, puoi trovarti anche a fare quella tipica cosa anni ’90, che ti diceva tua mamma, di “legarti la felpa in vita”. Assolutamente inguardabile sì, assolutamente figa no. 

Comunque, credevo che un trolley tondo e pieno di robe sopra fosse un problema, ma non è così. Da quando viaggio anche con la bicicletta, ho dovuto optare per una soluzione diversa: una valigiona grande, la sacca della bici, e un trolley piccolo non posso coesistere nello stesso momento: non ho mani a sufficienza. Uno potrebbe dire: “Esistono i carrelli”, certo; e invece no! Perché quando ti muovi con Fabian, figuriamoci se lui ti lascia il tempo anche solo di guardarti intorno per scorgere la fila di carrelli… Perché abbiamo i minuti contati, di solito (tempo richiesto per prendere e caricare un carrello: 35 secondi), ma anche perché, sostiene: “Ce la fai, sì, dai…” o “Ma non ti serve il carrello, la bici ha le ruote!”.

E lui parte. Cammina lento come un bradipo, normalmente, ma mettilo in un aeroporto con in mano dei bagagli e diventa una scheggia. E io dietro, che arranco, spingendo con una mano la valigia rigida della bicicletta (che fa un casino infinito, poi, con tutti che ti guardano), con l’altra mano tirandomi dietro il trolley grande, tutta piegata in avanti sotto il peso del borsone/zaino che ho sulle spalle (mettendoci dentro il portatile diventa di un peso consistente), e con la borsa a tracolla (alla faccia di Ryanair e di un unico bagaglio a mano) che mi segna il collo, mi tira giù una spalla, e mi sbatte continuamente contro il ginocchio. Una rappresentazione idilliaca. E Fabian davanti che corre, ad almeno 50metri di distanza. 

Intorno, nel frattempo, vedo donne bellissime, coi capelli sciolti (i miei, se non facessi la coda, finirebbero sempre tirati tra zaino, borsa, o nella cerniera della giacca), con una sola borsa appoggiata delicatamente sulla spalla, che riescono addirittura a camminare dritte, e non tutte piegate in avanti. E il pensiero ricorrente è che tutto ciò non sia affatto corretto. 

Altro aspetto interessante del viaggiare comodi: le scarpe. Io non mi separo mai dalle mie Adidas (Stan Smith o Superstar che siano), ma sono scarpe abbastanza pesanti, perciò, per lo stesso principio dei leggins e dei jeans, quelle vanno indossate, anche se a camminarci tante ore fanno male alla punta delle dita, e anche se le scarpe da ginnastica o da corsa sarebbero molto più comode e morbide per affrontare un viaggio. E poi comunque sono versatili, stanno bene con tutto, coi leggins, con i jeans, coi vestitini (…non che io mi sia mai trovata in aeroporto con un vestito leggero, era peso perso in valigia). 

Per questo ultimo viaggio verso Palma di Maiorca, ho organizzato tre valigie a casa (la sacca della bici diventa un ottimo posto dove mettere numerose paia di scarpe), ma nel pit-stop di tre giorni a Milano sono riuscita ad incasinarmi e a ritrovarmi, alla fine, al momento di salire in macchina dopo la Digital Run di domenica mattina, con le Adidas in valigia e le scarpe da corsa addosso. Ok, poco male, sono più comode per il viaggio. Poi ti ricordi che gli unici calzini che hai fuori, oltre a quelli della corsa del mattino, sono quelli neri coi fiocchetti. L’effetto è disastroso. Nike sportive rosa e fiocco nero che spunta da dietro.

In aeroporto provi a non darci peso, ma ogni tanto ti guardi i piedi e ti chiedi se, intorno a te, la gente pensa: “Ma come è presa ‘sta tipa??”. Esponi le tue questioni ad Ale, che nel frattempo, dopo essersi liberato dei bagagli, ha ricominciato a camminare in modalità bradipo ma con lo sguardo che vaga da una parte all’altra per risolvere la nuova priorità del momento, cioè: dove e cosa mangiare. Lui non comprende, ovviamente, minimizza, ti sorride (per un attimo, poi con lo sguardo torna a scrutare possibili luoghi in cui sfamarsi), gli sfugge addirittura un mezzo complimento: “Perché, tu non sei bella così, quando viaggi? Tu viaggi da sportiva!”. 

Ma CON ALE NON VALE, perché davanti alla questione fiocco-che-sbuca-dalle-scarpe-da-corsa, il suo commento è: “Pensa che io ho rischiato di venire via direttamente senza calzini…”

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