Ci siamo. Oggi parte Elements Fury, questo progetto di Ale per l’ambiente, che detta così sembra molto riduttivo, ma non lo è affatto. Perché io mi ricordo quando ha iniziato a frullargli per la testa, quando mi diceva: “Vale, non è possibile, quando vedo come stiamo rovinando la Terra, io soffro, come se qualcuno stesse facendo male a me…”. Lui, così abituato a vivere all’aria aperta, a contatto con la natura, lui che come ufficio ha le strade, i colli, gli argini, i laghi… Lui che voleva a tutti i costi “FARE QUALCOSA”, perché quando vedi che tutto sta andando a rotoli non puoi solo star fermo a guardare, ma devi agire. E così io mi sono ritrovata uno in casa che mi diceva su perché “consumi troppa carta igienica”, e non ha accettato la mia spiegazione che i rotoli di carta francesi (eravamo in ritiro sui Pirenei) sono meno lunghi dei nostri, ovvio che finiscono prima. Questo accadeva nell’estate 2017… E lui macinava, macinava, cercava di capire cosa fare, cosa dire, come dar voce a quest’emergenza a modo suo, tramite il suo sport e tramite le sue sensazioni ed emozioni. Piano piano la sua voglia di “fare qualcosa” ha preso forma, è diventata la sua squadra, che guarda un po’ si chiama proprio “ELEMENTS”, ed ora siamo arrivati a questa tre giorni così importante per lui, per noi.

Eh sì, perché volente o nolente, alla fine ci vado in mezzo pure io. Io che in viaggio di nozze, le ultime due settimane, me lo perdevo mezzore intere a camminare in giro al telefono per sistemare le ultime cose, per organizzare conferenze stampe e tutto il resto. Ma soprattutto… Nell’ultimo mese abbiamo vissuto delle esperienze insieme, abbiamo toccato con mano questi “elements” che ci permettono di vivere e che noi stiamo rischiando di distruggere. Abbiamo fatto esperienze estreme, per certi versi, mettendo in gioco le nostre paure e capendo che ciò di cui viviamo può anche, paradossalmente, diventare ciò di cui moriamo, e che la stessa Natura che ci dà la vita, può anche rivoltarsi, e togliercela, se non ci decidiamo a rispettarla.

Cos’abbiamo fatto? Partiamo dall’Aria. Il 26 ottobre la sfida è stata lassù, nel cielo, quando ci siamo lanciati da un aereo e l’aria l’abbiamo sentita con tutta la sua forza, a sferzarci il viso, a rimbombare nelle orecchie. Un lancio che Ale rifuggiva da anni, tanta era la sua preoccupazione, la paura di non farcela, di trovarsi a volare sostenuto solo e soltanto dal vento. 

Poi dall’alto andiamo giù, sempre più giù. L’Acqua. Qui la prova è stata soprattutto per me, che ho iniziato a mettere la testa sotto meno di due anni fa, che ho imparato a nuotare a 28 anni e che ribadisco sempre: “L’acqua non è il mio elemento”. Eppure, in viaggio di nozze ci propongono il “Battesimo del mare”, un’immersione per vedere la barriera corallina, e vuoi non farla? Sembra figo durante la prima prova con la bombola, ma poi quando si tratta di stare sott’acqua, in fondo alla piscina, e provare a togliere l’erogatore, e respirare a lungo sotto, io vado in panico. No, l’acqua non è il mio elemento, io in fondo al mare non ci vengo, metti che qualcosa non va, che perdo l’erogatore, che non funziona più, e siamo sott’acqua e io rischio di non riuscire più a respirare… Mi tolgo tutto, mi viene da piangere, e il “pesciolino Ale” che sott’acqua ci sta da quando ha 4 anni, mi abbraccia e mi chiede di provarci, a vincere questa paura, che ce l’ha anche lui, nonostante in acqua ci stia tutti i santi giorni, ma io piuttosto che buttarmi da una barca mi ributterei altre mille volte col paracadute, preferisco l’aria all’acqua, scherziamo. Ma alla fine capisco che posso farcela, mi tolgo l’erogatore e l’acqua nel naso e nella bocca non mi entra, ok, ci provo. Lunedì abbiamo nuotato insieme, io e lui, coi coralli sotto di noi, in mezzo a pesci di tutti i colori, e nonostante le orecchie tappate, come durante il lancio col paracadute, il mondo che abbiamo visto laggiù ci ha riempito gli occhi e il cuore. 

La Terra. Abbiamo scelto il Madagascar come meta per il viaggio di nozze per poter stare in mezzo alla natura, abbiamo fatto un tour del Sud con tante ore e tanti chilometri di macchina, abbiamo visto il paesaggio intorno a noi cambiare, i colori, dal verde delle risaie al rosso della terra, il rosso delle case rivestite di argilla e il marrone di quelle capanne fatte solo di legno e foglie di banano. E intanto la voragine che si apre a vedere che calpestiamo la stessa Terra, che siamo milioni, miliardi di persone su questo pianeta, e che mentre noi non sappiamo rinunciare a nessuna comodità, c’è ancora chi vive senza elettricità in casa e senza acqua corrente. Non puoi che sentirti fortunato di essere nato “nella parte buona” del mondo, quella in cui stiamo bene, ma poi vedi le attività umane seguire il ritmo del sole, della luce, le scuole che iniziano alle 7 del mattino e tutto che si ferma dopo il tramonto. Vedi chi la casa se la costruisce con le proprie mani, e quando la stagione delle piogge porta via il tetto, poco male, lo si rifà, e così ogni anno, ogni 5, se il tetto è fatto bene. Capisci che ci sono popolazioni che hanno saputo carpire ogni più profondo segreto della Natura, delle piante, della Terra, e quello che non capisci più è chi sia più avanti, se noi, che senza Google maps non sappiamo più muoverci, o se i bambini che a 6 anni camminano chilometri e chilometri ogni giorno, e mica si perdono.

Su quattro aerei che abbiamo preso in questo viaggio, avrei avuto sempre io il posto finestrino. Inutile dire che ci si è sempre piazzato Fabian. Perché mentre io leggo, o guardo film, lui guarda fuori dal finestrino, e cerca di capire dove siamo, individua cose (“Guarda, quello è il NIlo”), vede casa sua, la riconosce dalla campagna intorno; osserva la Terra scorrergli sotto, mentre lui la sorvola nell’Aria. 

E infine il Fuoco. Cos’è il fuoco, in questo caso? Per tutti rappresenta la passione, e per noi la passione si declina in tante cose: l’Amore, certo, che ci lega nonostante tutto, ma anche il fuoco che si accende nelle discussioni, negli scambi di idee, nello scontrarsi quando si è in posizioni diverse. E la passione per il suo sport, che è diventato la sua vita, che lo ha reso felice e realizzato; ed è la stessa passione che richiede dedizione, impegno, che si trasforma in sofferenza fisica, tanta, intensa, potente, quando senti i muscoli lacerarsi dallo sforzo e ti sembra di non farcela più. Ma il Fuoco non si spegne. Ti spinge fino alla fine di una corsa, di una

gara, di un viaggio; ti porta oltre al limite e cerca a tutti i costi di farti sopravvivere, se sei in pericolo di vita. Ed ora più che mai ci serve questo Fuoco, un istinto di sopravvivenza che ci faccia prendere in mano la situazione e ci permetta di trovare una soluzione, qualcosa che blocchi questa furia degli elementi che noi abbiamo provocato e che ci sta distruggendo.

CON ALE NON VALE, perché non ho idea di come sia possibile che da quel “Vale, usi troppa carta igienica…” sia nato un progetto, come quel disagio di Ale nel vedere il pianeta martoriato sia diventato un’azione concreta per sensibilizzare e spingere ciascuno a fare la propria parte, con attenzione e senso di responsabilità. Non ne ho idea, ma sono felice di farne parte, e di vedere che Alessandro, in mezzo ai suoi ELEMENTS, è felice. 

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