Alla fine, è arrivato il momento: glielo avevo promesso. O meglio, l’aveva vinto, si parla di atleti quindi ci tengono a far vedere che una cosa se la sono conquistata loro. Stavolta si tratta di un premio alla “Lotteria degli Sposi” del nostro matrimonio, e questo premio era un articolo del blog; visto che già diverse volte mi ha rinfacciato di non averglielo ancora fatto (d’altra parte, ripeto, è un atleta) e visto che oggi è il suo compleanno, eccolo qua, come regalo.

Il soggetto vincitore (che però probabilmente per spirito competitivo e pur di vincere qualcosa credo abbia pure barato alla lotteria) è Delian Stateff. Al di là del nome, assicuro che è un atleta italiano, anzi, italianissimo, di Roma, anzi, di Roma Nord (che ci tiene). La prima cosa che insegna agli atleti stranieri è “Mortacci tua!”, spiegando che può sempre tornare utile nel caso si trovino in vacanza a Roma (tanto sa che a meno che non ci sia una gara a Roma, tra i resti dei fori romani, presumibilmente, questi difficilmente ci andranno ed eviteranno così di essere linciati al pronunciare un tale “innocuo” intercalare).

Tornando a lui, Delian, che mi raccomando, si dice con l’accento sulla AN, e non Dèlian, un po’ come FabiAN, alla veneta, e non Fàbian, anche se io per prima ormai mi sono abituata con Fàbian, e quindi anche lui mi verrebbe da chiamarlo Dèlian… Ma alla fine dico Dèli e si risolve tutto. Insomma, lui chi è?  Un personaggio un po’ anomalo, devo dire.

Lo vedi arrivare in piscina ciondolante nel suo tipico modo di camminare, col solito berretto di lana verde cacciato in testa, anche a Fuerteventura con 25 gradi, e ti lascia un po’ perplesso. Poi però scopri che è un bravo ragazzo. Sotto sotto. Molto sotto. Quando mi racconta della sua infanzia, due cose penso: 1. che se fossi stata sua mamma, con due figli maschi di cui uno così (non ho il piacere di conoscere il fratello, ma lui dice di essere quello bravo), penso mi sarei data alla macchia pur di scappare di casa, o forse mi sarei attaccata a qualcosa di forte tutte le sere, o forse alla fine li avrei anche cacciati loro via di casa, con bici e scarpe annesse. 2. che mi auguro di non avere figli maschi, perché lui mi ha assicurato che i maschi si menano, non fanno i compiti, si lavano “il giusto”, guardano i cartoni per ore e ore, e hanno un concetto di ordine tutto loro. 

In tutto ciò, è diventato il compagno di stanza fisso di Ale. Praticamente passano più tempo insieme loro due che con le rispettive compagne. E stanno anche tanto bene insieme: come una vera coppia, hanno trovato il loro equilibrio. Quando a febbraio sono arrivata io a Fuerteventura, erano stati in appartamento insieme un mese loro due. Ale era quasi dispiaciuto di questo cambio, anche perché dopo neanche un’ora mi ero già messa a sistemare tutta la sua valigia negli armadi (era rimasta aperta sopra un tavolino per settimane), ho spostato bici, occhiali, scarpe, pullboy e palette del nuoto… Fino a scoprire che c’erano magliette da corsa e da bici, calzini, un sacco di roba per terra, tutta sudata. E Ale: “Ho detto a Deli di lasciare qui la sua roba, gliela laviamo noi con la prossima lavatrice”. Ok, magari non la lasciamo sparsa in giro a terra, che dite? E dopo che la stanza ha assunto un’aria per lo meno abitabile, la sua raccomandazione: “Vale, rilassati. Non cercare di avere tutto sempre in ordine. Io avevo trovato il mio equilibrio con Deli, stavamo bene anche se la stanza era un po’ disordinata”. Non mi soffermo sul concetto di UN PO’. 

Comunque, il ragazzo ha anche dei pregi. Cucina bene, motivo per cui, nonostante il disordine, ci sto volentieri in casa con lui durante i ritiri. I cavalli di battaglia sono: pollo al curry, scaloppine al limone, cacio e pepe, polpette al sugo, la carbonara solo se c’ha il pecorino e il guanciale che dice lui, patate fritte ma quelle tagliate sottili sottili. Davanti a uno così, ovvio che gli lasci i fornelli. Io, di solito, mi occupo di fare pane e pizza. L’unico problema è che la sera lui alle 20 è ancora sotto la doccia a cantare; le volte che ti va bene si presenta con l’asciugamano intorno, piedi scalzi, serafico: “Sì beh, mica è tardi… per le 9 mangiamo… ad esser positivi…”. Ogni tanto ha provato senza successo a farmi mangiare qualche verdura in più: “Eh dai, Valè, te la preparo anche senza cipolla se vuoi, così la mangi anche tu”.

“Sarà mica tardi?!”

 Nei vari ritiri condivisi insieme parliamo di un sacco di cose: di tatuaggi di dubbio gusto, per esempio… Vabbè che parlare con uno che ha un toro inferocito sotto l’ascella e vuole tatuarsi qualcosa di senza senso sulle dita… O di programmi da guardare alla tv… Vabbè che uno che passa ore e ore a guardare Naruto, contagiando anche il mio allora fidanzato (no, non te la perdonerò mai che tutto il periodo dei preparativi del matrimonio sia stato attaccato al telefono, a guardare Naruto, episodio dopo episodio, per colpa tua!). Oppure parliamo di scuola, dei bambini d’oggi, della fatica delle insegnanti… E finiamo per dirci che lui avrebbe bullizzato tutti, maestra compresa, e io che mai e poi mai avrei voluto trovarmi nei panni di nessuno dei suoi insegnanti, da quante ne combinava. 

Però che dire? Deli è Deli. È disordinato ma gentile; sembra un Marines soprattutto quando non riesce a spiegare al barbiere come farsi tagliare i capelli e rischia di essere mollato dalla ragazza (giustamente!) ma è un buono; dice “Mortacci tua”, ma è un signore. E allora auguri, caro Deli, a te, ad Alessandra che ti sopporta, alla tua mamma che, poverina, 26 anni fa ancora non sapeva a cosa stava andando incontro, al papà che ha fatto del suo meglio… ma non è colpa sua. Ti vogliamo bene e nonostante tutto, non cambiare mai. (…magari un po’ più di ordine…)

CON ALE NON VALE, perché il giorno del nostro matrimonio, alle 2 di notte, con me già in macchina con vestito accartocciato sopra in qualche modo, lui, proprio lui, era ancora là a decidere con Ale se andare o meno a ballare al Pride Village, con me sveglia dalle 5 del mattino che imploravo di poter andare a letto, e lui, imperterrito: “Eddai, Valè!! Ma quando ti ricapita di festeggiare i tuoi 30 anni in discoteca vestita da sposaaaaa?”. E il giorno dopo, quando ha chiamato Ale dicendo: “Devo scusarmi con tua moglie, mi sa che sono stato un po’ molesto ieri sera, ma non ricordo bene…”, in quel momento gli ho promesso che, un giorno, in qualche modo, mi sarei vendicata.

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