Nel quadriennio che portava a Rio 2016, Ale viveva a Marostica, cittadina in provincia di Vicenza, distante una cinquantina di minuti da casa mia, a Padova. Nonostante all’inizio avessi preso male la notizia di un trasferimento così “lontano”, io che sono sempre stata abituata ad avere “tutto comodo”, come mi dice lui, tipo centro, scuola e università a portata di bicicletta, mi sono in realtà abituata in fretta, e ho decisamente imparato a rivalutare le distanze. Più di qualche volta ho fatto avanti e indietro anche due volte nella stessa giornata da Marostica; spesso finivo scuola, spesa, e su da lui per cenare insieme, e la mattina dopo sveglia presto per essere di nuovo a scuola alle 8.

Questa quarantena l’abbiamo passata ai piedi del monte Grappa, in un contesto piuttosto bucolico e perfetto per gli allenamenti, non molto lontana dalla “nostra” Marostica. Che, ovviamente, come tutti i luoghi in cui si vivono emozioni e situazioni importanti, ci è rimasta nel cuore. E così anche tutti quei posti frequentati in quel periodo, soprattutto per gli allenamenti di Ale; tra tutti, un laghetto, nascosto tra campi e argini, una specie di piscina naturale, incontaminata, che in estate durante il weekend si popola di bagnanti, nonostante la totale assenza di bagni o bar, che penso mai verranno messi. Si dice, anzi, che gli abitanti del posto non siano così felici di avere tutto quel movimento di turisti nel periodo estivo. E ci credo, avessi io una meraviglia del genere attaccata a casa, ne sarei gelosa pure io! 

Negli anni prima di Rio ci andavamo spesso per il nuoto in acque libere o per fare i minitriathlon. O meglio… Ale andava per nuotare, io per la compagnia, per prendere il sole, e al massimo per un bagnetto se proprio faceva caldo. In realtà andavamo anche quando il tempo non era bellissimo… Come un giorno, il 2 giugno 2016… La data precisa la ricordo perché era il giorno del battesimo di nostro nipote Lorenzo. Con la celebrazione fissata alle 4 del pomeriggio, alle 3 Fabian era ancora in acqua. Io da una parte guardavo il cielo che diventava sempre più nero per il temporale in arrivo, dall’altra guardavo l’orologio, e il gruppo whatsapp della famiglia con mia sorella allarmata che chiedeva: “Ma siete partiti? Ma ce la fate ad arrivare in tempo? Ma si fa anche la doccia Ale? Guarda che alle 4 inizia!”. 

In realtà nella nostra organizzazione degli impegni questo tipo di situazioni sono abbastanza all’ordine del giorno: impegni incastrati al minuto, la corda tirata sempre al massimo, gli orari rispettati “a pelo” (o più frequentemente con 10-15 minuti di ritardo, e i nostri amici lo sanno bene). I concetti di “prendersi per tempo” e “fare le cosa con calma” non appartengono ad Alessandro Fabian. Anche perché, nel caso avanzassero 5’, li occuperebbe prolungando il riposino pomeridiano. Quella volta siamo passati davanti alla chiesa che già le persone erano fuori, doccia e cambio abito in tempi record, e siamo arrivati giusto in tempo… sì, in tempo per un’occhiata storta con scuotimento del capo da parte del don, e corsa lungo la navata fino al primo banco, tra le facce divertite di parenti e amici… che tanto già sapevano che fino a un’ora prima Ale era dentro un lago.

Fatto sta che ieri, dopo ormai 4 anni, siamo ritornati lì. Io, nella mia prima uscita in bici all’aperto dal rientro dalla Florida (l’ultimo giro era stato il 20marzo, perciò 2 mesi fa), e Ale nella sua prima nuotata post quarantena. Siamo andati proprio lì, in quel laghetto pieno di ricordi, che mai avrei pensato di raggiungere con una bici da corsa quando ci andavamo gli anni scorsi, e in cui forse mai avremmo pensato di tornare per allenamenti di nuoto, essendo poco comodo rispetto a dove abitiamo ora. 

Inutile dire che ci sono quei luoghi speciali, che ti abitui a vivere in certe fasi della vita, e che ti restano dentro, anche se all’epoca non te ne rendevi conto, e non immaginavi che potessero mancarti così. Mi sono resa conto che la nostra vita è stata piena di questi luoghi, e lo è tuttora: stiamo vivendo un po’ ovunque, non abbiamo un punto fermo e chiamiamo “casa” un sacco di posti: ci sono state la casa di Marostica, la casa di Selvazzano in cui abbiamo vissuto insieme, casa dei miei dove facciamo base ora, la casa in Arizona del primo anno, la “casetta” del nostro amico a Sirmione, e il Playtas, il Viva Blue, il Mona Lisa che sono i residence che diventano la “casa” dei ritiri lunghi, e soprattutto dopo i giri infiniti in bici ti trovi a pensarli così intensamente dicendo “Non vedo l’ora di arrivare a CASA”. Perché dopotutto è vero, “la casa è dove si trova il cuore”, e con questa storia che noi abbiamo case un po’ dappertutto, mi sa proprio che noi abbiamo un pezzetto di cuore in ogni posto speciale in cui abbiamo vissuto qualcosa. Ed è proprio quello che ti permette di tornarci e di trovarci sempre qualcosa di “familiare”; anche se la vita ti porta altrove, i luoghi belli ti riaccolgono sempre.

CON ALE NON VALE, perché sarà anche bellissimo tutto questo giro e rigiro di luoghi e “case”, però a Fabian piace talmente tanto cambiare casa in continuazione ed essere “cittadino del mondo”, che non ha ancora deciso dove, in che paese, città, stato andare a vivere… L’ultima volta che si è parlato di prendere casa, mi ha risposto: “…E se invece comprassimo un camper?”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *