Tra le tante cose che mi hanno stupito e preso alla sprovvista, nell’esperienza della gravidanza, c’è stato sicuramente il discorso alimentazione e peso. Sapevo che essere incinta non significa mangiare per due, e che comunque avrei dovuto cercare di non mettere su troppi chili: tra ipotiroidismo e celiachia, venivo già da diversi anni in cui cercavo di perdere quei dieci chili in più messi su non si sa come, a velocità supersonica, per di più negli anni di mia massima espressione sportiva (cioè, ero più magra quando non facevo nulla di quando ho iniziato a correre, pedalare e nuotare, anche con il doppio quotidiano nei periodi in ritiro con la creme de la creme dei triatleti internazionali).

Perciò ok, partivo da una situazione di normopeso, avevo circa 13-14 chili da prendere in nove mesi, ma mi sono sempre detta “Con serenità”, senza pesarsi spesso, e senza pare particolari, che tanto anche chi ne prende 25-30 di chili, per mille motivi possibili, alla fine li perde comunque. 

C’erano tante cose con cui non avevo fatto i conti. Prima tra tutte, la mia celiachia. Essere celiaca da poco più di un anno significa non essersi ancora abituati alle rinunce e ai gusti diversi degli alimenti; significa ricercare ancora quei sapori di un tempo, di cose buone, morbide, come il pane, la pizza, i biscotti, una brioche… Significa ricercarli proprio nei momenti di maggior difficoltà, come quando all’inizio ti trovi a combattere con le nausee. Ognuna di noi, in gravidanza, fa dei tentativi finché non trova qualcosa che possa funzionare come “blocca-nausee”: per me, nel primo periodo, hanno funzionato le olive e le fette biscottate. Solo che le fette biscottate per celiaci ve le raccomando proprio… Le ho odiate nel giro di poco. Peccato che le nausee siano durate quattro mesi.

La mia fortuna, per cui ringrazio sempre tantissimo, è stato essere risultata positiva alla toxoplasmosi. Ho evitato comunque tutti gli affettati, per un primo periodo andavo solo di cotto e fesa di tacchino, poi non ho comunque mai mangiato salame, mortadella, speck, niente… Però il prosciutto crudo mi ha letteralmente salvata. Rispondeva a quel bisogno di sale che ogni tanto ti prende e mi permetteva di bloccare, per quanto possibile, la nausea che compariva di solito nel tardo pomeriggio. La mattina altro problema critico: non sapevo cosa mangiare, e non mi faceva voglia niente. Niente, neanche la Nutella. Avevo voglia di brioche, di biscottini ripieni, ma di quelli buoni, non le alternative confezionate “offerte dal sempre più ricco mercato del gluten free”, che comunque spesso non trovi neanche nei bar, se per caso avessi voglia di una colazione fuori dopo le mille analisi del sangue che siamo chiamate a fare. Avevo vissuto con abbastanza serenità la dieta senza glutine fino a quel momento, ma lì la crisi è arrivata, tutta insieme al cambiamento di gusti normale in gravidanza, e anche a quello ormonale. Mia sorella si è impietosita al punto da lasciarmi subito la sua macchina del pane, per vedere se riuscivo a creare qualcosa di anche solo lontanamente simile ad un pane decente, prima di regalarmene una mia al compleanno.

Fabian che accompagna gentilmente un’ape lontano dai fiori di zucca dell’orto.

Ale, invece, nel frattempo, si prodigava su un altro fronte: preoccupato che al suo erede non arrivassero abbastanza vitamine, e vista la mia avversione per le verdure, faceva a gara con mia mamma nel prepararmi minestroni frullati una sera sì e l’altra anche. Una volta ci siamo fermati in centro a prendere due pizze da asporto, ma prima della pizza mi ha costretta a mangiare un piatto di minestra. Inconcepibile! Nel mentre, ho raggiunto i minimi storici anche nella quantità d’acqua: io, che soffrendo di cistite non ho mai avuto problemi a bermi due litri d’acqua al giorno, con le nausee non riuscivo a bere niente. E si che era estate. 

Alla fine del quinto mese ha fatto il suo ingresso il mio peggior nemico della gravidanza: il reflusso. Non sapevo neanche cosa fosse io, prima di passare una notte in bagno camminando avanti e indietro, e scendendo alla fine in cucina a bermi acqua e limone, con l’idea “O va giù o va su”. Ricordo mia mamma e il suo “Sono i capelli del bambino!”, e il “Facciamo che ti do una spiegazione più scientifica…” di uno scocciatissimo fratello medico, con annesso suggerimento “Dormi semiseduta” (come scusa?!?) e tipico incoraggiamento suo: “Te lo tieni fino al parto, non ci sono grandi soluzioni”. Era fine agosto, contando sulla dita i mesi che mancavano al 23 gennaio non volevo crederci. Invece aveva ragione.

La mia faccia tipica da reflusso… A cui si aggiungeva l’insonnia.

Il reflusso non mi ha più abbandonata, ed è stato il maggior responsabile del mio mancato aumento di peso. Non subito eh. All’inizio, come mio solito, non volevo cedere, della serie “Sono più testarda io”. Vedevo che la pasta al ragù a pranzo mi metteva ko fino al giorno dopo, ma ero appena riuscita a trovare degli gnocchi gluten free che col ragù mi rendevano felice, anche se non erano certo al livello degli gnocchi della nonna Rita. La cucchiaiata di Nutella di consolazione per sopperire alla mancanza di Ale, sempre in giro per le gare, me la meritavo, anche se sapevo che l’avrei pagata… Alla fine però ho dovuto cedere, non era più sopportabile così, e integratori e bustine varie non funzionavano, perciò ho individuato alcuni cibi (cioccolata, pomodoro, yogurt…) e li ho eliminati. Nel tempo ho poi scoperto che perfino il riso bianco mi stroncava. Mi è passato l’appetito. A volte mi veniva il desiderio di mangiare qualcosa, al pomeriggio, ma stavo ancora combattendo il reflusso del pranzo, chi me lo faceva fare di mangiare ancora?

All’ottavo mese, a 30 settimane, ero ferma da un po’ a +9 chili, perfettamente in linea nella tabella di marcia, con un bimbo di un chilo e mezzo già più grande del normale, e il mio ginecologo mi aveva detto che con altri due chili suoi e almeno uno mio, saremmo arrivati tranquillamente a +12 senza alcun tipo di dramma.

A 39 settimane ero a +6. Con ripetute richieste di rassicurazione allo stesso ginecologo che, con pazienza, mi spiegava che il mio bambino, come tutti i bambini del mondo, prendeva tutto ciò di cui aveva bisogno per crescere sano, e che quindi si trattava tutto di peso mio che stavo lasciando andare, complici forse la montagna, il cambio di vita, il passaggio dalla “dieta della mamma” alla “dieta di Fabian”, ricca di tutti i nutrienti più sani ma sicuramente meno incline ai dolci e ai carboidrati complessi. Certo anche il trasloco e il potermi rilassare godendomi la fine della gravidanza mi avevano alleggerita di un peso emotivo che si è poi rispecchiato anche in peso fisico, non lo so, ma di fatto sono tornata dall’ospedale con il mio bimbo di 3,4 chili (di certo non patito) che pesavo meno di quando sono rimasta incinta.

Fabian che tenta di rovinarmi il mio primo cappuccino dopo 3 mesi di astinenza dal caffè.

Praticamente è stata l’ennesima conferma di come, alla faccia della mia organizzazione, delle aspettative, delle varie tabelle di aumento del peso che consultavo i primi mesi, alla fine ogni corpo reagisca alla gravidanza a modo proprio. La regola base è ascoltarsi, e magari seguire anche qualche esperto che ne sappia più di noi e ci possa consigliare, consapevoli che essere in due nello stesso corpo non significa mangiare per due, ma solo avere la responsabilità di mangiare meglio, e di stare bene. Se non altro il mio peggior nemico, il reflusso, mi ha aiutata ad ascoltarmi e rispettarmi di più, e da questo il corpo ne ha tratto sicuramente un grande beneficio. E sì, un piccolo merito anche ad Ale, che ha scoperto una nuova passione per la cucina, e ha imparato a fare il pesce al cartoccio (la mia ultima cena con la pancia). 

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